Tante vendite a pochi agenti: cosa ci dice la concentrazione del mercato immobiliare?
Il mercato immobiliare italiano ha mostrato segnali contrastanti, tra consolidamento e rallentamento. Il numero complessivo di compravendite è stato in calo, con i tassi d’interesse hanno reso l’accesso al credito più complesso, soprattutto per le fasce più giovani. In un contesto sempre più concorrenziale, a scapito della marginalità, viene naturale chiedersi: chi riesce ancora a vendere? E con quali strumenti?
Il dato USA come campanello d’allarme
Secondo una recente analisi pubblicata da Mike DelPrete, nel mercato statunitense il 20% degli agenti immobiliari realizza il 65% delle transazioni. Una polarizzazione netta, che ha subito un’accelerazione post-pandemia e che porta con sé una riflessione più ampia: il settore sta cambiando pelle e premia chi riesce ad anticipare il cambiamento.
La situazione italiana
Secondo un’analisi pubblicata da EuroMQ, in Italia si osserva un dato altrettanto indicativo: oltre il 60% delle agenzie immobiliari gestisce meno di 10 incarichi attivi, mentre solo il 7,6% arriva a gestirne più di 30 contemporaneamente. Questo conferma la tendenza a una forte concentrazione del mercato, dove una minoranza di operatori, ben organizzati e tecnologicamente attrezzati, concentra le opportunità più rilevanti.
Il risultato è una netta divisione tra chi ha accesso costante a incarichi di qualità e chi fatica a trovare clienti, rimanendo schiacciato da dinamiche di prezzo e visibilità. In questo scenario, innovazione, dati e modelli alternativi non sono più un plus, ma una condizione necessaria per rimanere competitivi.
Cosa fa diversamente chi riesce a vendere?
Gli agenti che continuano a generare volumi significativi anche in tempi di contrazione non si affidano più solo all’intuito o alla presenza sui portali. Hanno sviluppato competenze trasversali e si muovono in modo più strategico. Tra i tratti distintivi più evidenti:
- Utilizzano strumenti digitali per l’analisi dei dati e la gestione delle trattative
- Hanno contatti diretti con sviluppatori, investitori e costruttori
- Gestiscono lead qualificati con l’uso di CRM strutturati
- Propongono modelli alternativi di vendita, per intercettare nuove fette di domanda
In sintesi, non aspettano che sia il cliente a cercarli, ma sanno costruire valore prima che venga chiesto.
I rischi per chi resta fermo
Per l’80% degli agenti che non evolve, il rischio è concreto: dipendenza totale dai grandi portali, nessuna leva contrattuale sui prezzi, clienti più esigenti e margini sempre più ridotti.
Il risultato è una spirale di competitività al ribasso, che consuma energie e non genera valore. Il vero problema? Spesso manca un’offerta differenziante. Tutti vendono case, pochi offrono soluzioni.
Oltre i numeri: il vero problema è di metodo e mentalità
A confermare quanto emerso dalle analisi, c’è anche il punto di vista di Gerardo Paterna, divulgatore immobiliare e Operation Manager di Sinergie.re, che da anni osserva da vicino le dinamiche di trasformazione della professione. Secondo Paterna, la polarizzazione del mercato non è solo una questione di numeri o di portafogli, ma il sintomo di una mancanza più profonda: quella di una struttura operativa solida e scalabile.
“Non è un problema di mercato, è un problema di modello.
Il vero nodo è la mancanza di struttura operativa. Molti agenti lavorano ancora in modo artigianale, senza processi codificati per la gestione degli incarichi, dei lead e del follow-up. Il risultato è che non riescono a scalare, anche quando le opportunità ci sono.
Non basta ‘esserci’: serve presidiare con continuità, segmentare il portafoglio clienti, sapere cosa misurare e quando intervenire. Chi fa questo oggi guadagna efficienza, margini e autorevolezza.
E bisogna smetterla di pensare alla formazione come a un elenco di nozioni da aggiornare ogni tanto. Va riformulata. Solo il 25% dovrebbe riguardare contenuti tecnici e di metodo. Il resto conta di più: almeno un 35% va dedicato alla gestione manageriale e delle persone, perché un’agenzia, se vuole durare, deve comportarsi da azienda. E poi c’è quel 40% che fa davvero la differenza: comunicazione, cultura digitale, voglia di sperimentare, e un ingrediente spesso sottovalutato… la curiosità.
Funziona? Sì, se si ha il coraggio di cambiare. E vale anche per le “company of one”, le agenzie mono-addetto, che costituiscono il 68% del totale nazionale.1
Se continuiamo a interpretare l’innovazione come un abbonamento a un gestionale o a un portale, resteremo irrilevanti. Serve un cambio di mentalità, prima ancora che di strumenti.
È il tempo dell’intelligenza commerciale, non solo artificiale.”
Tecnologia e nuovi modelli: le leve per riposizionarsi
Chi vuole uscire dalla zona grigia del mercato ha oggi l’opportunità concreta di farlo. La tecnologia non è più un’opzione, ma una leva imprescindibile per chi intende ripensare il proprio approccio. Eppure, come sottolinea Gerardo Paterna, non basta dotarsi di strumenti: serve un cambio di mentalità, strutturando processi, misurando i risultati e abbracciando davvero la trasformazione digitale.
Ring33, ad esempio, mette a disposizione degli agenti una piattaforma in grado di:
- Analizzare i dati immobiliari reali per valutazioni affidabili e veloci, oltre che suggerire immobili ad alto potenziale per investitori e compratori consapevoli
- Integrare nel proprio portafoglio il modello Rent-to-Own, pensato per intercettare target difficili da raggiungere con le formule tradizionali (nativi digitali, partite IVA, clienti esteri…)
Quest’ultimo consente agli agenti di proporre un modello flessibile e scalabile che abbatte le barriere d’accesso all’acquisto, riduce il rischio di trattative lunghe e inconcludenti e genera interesse anche per immobili difficili da collocare.
Conclusione: da agenti a imprenditori del cambiamento
Essere agenti immobiliari oggi significa molto più che mettere in contatto domanda e offerta. Significa adottare un approccio imprenditoriale, strutturato, orientato ai dati e all’innovazione. Significa smettere di rincorrere i clienti e iniziare a costruire valore, presidiare i territori, segmentare il portafoglio, comunicare in modo efficace.
Il mercato non si è chiuso: si è semplicemente spostato. E chi è in grado di intercettarne la direzione, dotandosi di nuovi strumenti e abbracciando una nuova cultura operativa, può fare di questa fase di transizione un’occasione concreta di crescita e riposizionamento. È il tempo dell’intelligenza commerciale e di chi ha il coraggio di cambiare!